Un itinerario indicato come mitico che io preferisco inquadrare come 'storico' perché fa parte di quei percorsi che è una vita che senti nominare ma fai fatica a dire come, quando e da chi ti è stato citato per la prima volta.
E infatti della o delle relazioni lette ricordavo solo l'idea che mi ero fatta del punto cruciale, una cengia crollata con una doppia necessaria, nella mia testa mi immaginavo una cengia relativamente ampia e orizzontale, tipo sentiero, che improvvisamente terminava in un salto di una ventina di metri.
Lì era rimasta per anni, finché la notizia di una bollinatura me l'aveva un po' smontata e fatta passare nel dimenticatoio.
Anni dopo una salita a cima Gea, dove il percorso termina, e la vista di una traccia segnalata da qualche bollino mi aveva ancora incuriosito ma niente più.
Ed è quindi casuale il ritorno in auge di questo percorso: una salita alla cima di Collalto da cui più che altro si vedeva il vecchio sentiero che portava al bivacco Baroni, chiuso per frane.
E un giorno non si sa che fare e allora si prova a raggiungere il bivacco, si sbaglia strada e il tempo è brutto, ma si è riconosciuta l'errata deviazione e bisogna tornare.
Ci si riprova ancora una volta, si trova il sentiero chiuso perché lo stanno sistemando, si passa lo stesso, i lavori sono appena iniziati, tutto il resto del percorso è ancora nature, con qualche passaggio da improvvisare o in cui orientarsi.
Il bivacco è bellissimo, merita, non aggiungo altro.
Nel libro, firme che arrivano indietro nel tempo e tante piccole storie di questo posto rimasto isolato, poiché dei tre principali percorsi d'accesso solo uno è ancora ufficialmente aperto e non è comunque banale, e naturalmente la cengia delle intorte, qualcuno l'ha fatta, qualcuno è tornato indietro,
Ci si torna poco dopo con un amico, prima che la conclusione del rinnovamento del sentiero porti su tutti e faccia decadere il fascino dell'isolamento.
Il sentiero è terminato ma per fortuna non ancora conosciuto.
Il dado in ogni caso è tratto, cerco relazioni sui libri, tutta roba vecchia e scarna, su internet trovo solo l'orso Gongo con un racconto di circa quindici anni prima ma con le indicazioni fondamentali che dovrebbero essere ancora valide:
https://latanadellorso.altervista.org/C ... ntorte.htm
Condivido l'uscita col solito amico, studiamo il percorso e ci sembra naturale adattarlo alle nostre esigenze.
Visto il rinnovato sentiero, si potrebbe sfruttarlo per arrivare al bivacco dove pernottare.
Il giorno dopo fare la traversata fino a casera Cavallet, che potrebbe fungere da punto di appoggio in caso di problemi, da cui scendere per il sentiero Cai verso Caralte, e al Col Svalut deviare su vecchie tracce per rientrare direttamente alla macchina, una discesa discretamente lunga ma che ci eviterà le classiche problematiche delle traversate dove punto di partenza e punto di arrivo non coincidono.
Impegni vari e meteo ci portano a scegliere la domenica prima di ferragosto come giorno di avvicinamento, sperando di esser fortunati e non trovare gente al bivacco.
Partiamo in mattinata, non abbiamo fretta, attraversiamo la nuova passerella turistica verso la casera valmontina, che come tutte viene impropriamente chiamata ponte tibetano.
Saliamo con una certa fatica il sentiero dietro la casera lasciandoci alle spalle i rumori della statale che disturbano parecchio la tranquillità del posto.
Raggiungiamo così verso mezzogiorno e mezzo la ricostruita capanna dei boscaioli, un curioso capanno 'triangolare' che sostituisce migliorandolo la precedente costruzione mantenendone le forme.
Ci fermiamo per il pranzo approfittando delle comodità esterne del manufatto. Al termine provo a fare un caffè ma dal fornello non esce gas, capisco che lo spillo non arriva alla valvola, fortunatamente riesco a spezzare la puntina di una vite e utilizzarla come spessore. Lascio il fornello montato per evitare problemi.
Check list per le prossime uscite: controllare alla partenza che il fornello funzioni, altrimenti la cena a base di tortellini in brodo salta.
Ripartiamo e passiamo per le nuove opere, in particolare l'attraversamento della Val del Bosconero che dubito durerà tanto, tornando a essere l'ostacolo maggiore per arrivare al bivacco.
Si risale infine il bosco, qui lavori non ne sono stati fatti e neanche è stata rinnovata la segnaletica, solo aggiunto qualche bollino forestale.
Arriviamo infine al bivacco, il posto come detto è splendido, siamo soli.
È abbastanza presto, ne approfittiamo per andare a vedere una traccia riportata sulla tabacco che dal bivacco scende diretta verso l'imbocco della val dei Preti, che l'indomani ci risparmierebbe la risalita verso la forcella dei Frati.
Peccato che non troviamo niente, niente sentiero, niente tagli, niente ometti, se una traccia c'è non corre dove dice la cartina.
Rientriamo al bivacco, rintracciamo la fonte d'acqua citata dalle relazioni e visto l'abbondanza ne approfittiamo per darci una bella lavata. Nella stessa direzione riconosciamo anche il sentiero che dovremo seguire inizialmente domani, bene, potremo caricare l'acqua alla partenza.
Ceniamo, il fornello funziona, il sole sta tramontando, usciamo a far qualche foto, il bivacco è piuttosto in basso ma ci si gode lo stesso lo spettacolo.
Poi tutti a nanna.
Il riparo da boscaioli.
L'ultimo pezzo del sentiero sistemato.
Al bivacco.
Tramonto al bivacco.
[Cima dei Preti] Cengia delle Intorte
Re: [Cima dei Preti] Cengia delle Intorte
Partenza prestino, questa giornata sarà sicuramente lunga.
Risaliamo la traccia non subito evidente, c'è da superare una costa prima boscosa poi mugosa, tratti ben tagliati si susseguono a tratti dove fare attenzione, un punto in particolare ci mette in difficoltà finché non capiamo di dover perdere quota per parecchi metri a ritrovare i tagli orizzontali.
Intanto arriviamo in vista della val dei Frati, in basso sull'altra costa riconosciamo la cascata da raggiungere e anche la traccia nei mughi.
Il canalone che scende dalla forcella di Collalto ci appare infido e verticale.
Ci vogliono ancora venti minuti per arrivare a toccare le ghiaie della valle, in alto ben riconoscibili la cima dei Frati, i Frati stessi che danno nome a un bel po' di cose lì in giro e il ghiaione verticale che sale alla forcella dei Frati.
Noi da qui siamo diretti verso il basso, ci risparmiamo per fortuna quella sfaticata.
Il canale si allarga e sembra facilmente discendibile, alla base delle pareti della cascata una fascia di verdi, cerchiamo di passarci per restare alti, troviamo anche tagli e vecchi segni; inutile fatica, dobbiamo comunque rientrare nel canale principale, tanto valeva percorrerlo sin dall'inizio.
Arriviamo alle ghiaie che attraversano i mughi fino alla base delle rocce, poco a destra del salto delle cascate, le risaliamo e poi attraversiamo verso sinistra alla ricerca del passaggio.
Un canale roccioso invitante ci permette di alzarci tra le paretine, un ometto intermedio ci conferma di aver preso l'imbocco corretto, ancora qualche facile saltino e finalmente si vede partire una traccia tagliata a destra tra i mughi.
La seguiamo, è facile e evidente seppur faticosa visto che si alza con una buona pendenza, finché sbuchiamo sul canale di ghiaia dove scorre il torrente che origina le cascate.
Ci alziamo fin sotto le rocce, lì dove si formano altre piccole cascatine e decidiamo di fare una piccola pausa, sono quasi le nove e mezza, tra un po' arriveremo alla parte più faticosa della traversata.
La relazione dice che da qui la vecchia traccia tra i mughi si è richiusa e consiglia di salire in prossimità delle rocce...e così facciamo.
Troviamo più di qualche traccia di camosci, ne seguiamo una ma ci immettiamo successivamente sempre in quella che sembra più conveniente al momento, finché arriviamo in un tratto di rocce dirupate.
Ci si accorge di esserci alzati troppo, scendiamo lungo una costa in direzione di una forcellina segnalata dalla relazione, che però ci porta su un pendio di dure ghiaie.
Io passo ma consiglio all'amico di provare un po' più in alto, tra le roccette.
Alcuni ometti che fanno capolino tra le varie forcelline originate da queste coste ci indicano di essere sul giusto e infatti sbuchiamo sull'unica cengia ghiaiosa che permette di passare una parete rocciosa e finalmente scendere nella val di Collalto.
Il canale si presenta molto più appoggiato di quanto appariva da distante, e seppur con una certa attenzione cominciamo a salirlo tra sfasciumi e brevi gradini di roccia.
La relazione fa riferimento ad un salto delicato di terzo verso la fine del canale, perciò restiamo perplessi quando troviamo una ostruzione più o meno a metà: un gigantesco macigno blocca il canale disponendo verso di noi una liscia paretina.
Forse negli ultimi anni il canale è franato ulteriormente, creando nuovi ostacoli.
Unico passaggio sulla destra, la parete laterale del macigno e la parete del canale formano una fessura-camino svasata verso il basso, cinque-sei metri, appigli nessuno, appoggi pochi e lisci.
Mi infilo cercando di alzarmi tra le due paretine, a sinistra nessuna possibilità, a destra qualche appoggio ma verso l'esterno, per sfruttarli non mi resta che girarmi per poter allungare i piedi e far leva con la schiena sulla parete del macigno.
Lo zaino mi ostacola, tanto più che è quello grande per fare la notte in bivacco, sarebbe meglio scendere e toglierlo ma non ne ho voglia, forzo il passaggio e riesco ad uscire.
Un bel terzo piuttosto faticoso.
Per sicurezza avevamo portato un cordino, mi sporgo dalla parete anteriore del macigno e tiro su lo zaino dell'amico per evitargli il problema di girarsi.
Poi approfitto di qualche grosso masso per assicurare il cordino in modo che possa fargli da corrimano, di fatto non lo usa, ma quando esce dal caminetto sbuffa sottolineandone la bastonata.
Riprendiamo la salita, il canale ha di nuovo le sembianze di prima, qualche saltino, le ghiaie si fanno più fini, dure e verticali, stiamo appoggiati alla parete di destra per utilizzarne gli appigli.
In alto comincia ad apparire la cima di Collalto e con essa il sole, da stamattina siamo sempre all'ombra, in salita è stata una manna.
Rimaniamo sempre in attesa dei famosi passaggi finali finché sbuchiamo inaspettatamente in forcella che si presenta ampia e comoda, ci abbiamo messo due ore dalla cascata.
Ne approfittiamo per mangiare, stavolta un bel panino, il canale ci ha consumato le energie, tra un po' arriverà la cengia.
La cima di Collalto e il relativo canalone di salita. Sulla destra la fascia di mughi che ne permette l'accesso.
Le cascate che fanno da riferimento per alzarsi sul versante sotto cima Laste.
La cima dei Frati e l'inizio del ghiaione da scendere.
La discesa della valle non presenta problemi.
Cerchiamo di restare sotto le rocce in alto, inutilmente.
Dopo aver superato la fascia di mughi, si arriva sul greto delle cascate.
La val dei Preti da cui origina l'acqua.
Il tratto sabbioso da attraversare.
È conveniente attraversare sulle rocce più in alto.
La comoda cengia che porta nel canalone.
A prima vista il canale risulta semplice.
Alle spalle cima dei Frati e Duranno.
La cima di Collalto dal canalone.
Uscita alla forcella di Collalto.
Risaliamo la traccia non subito evidente, c'è da superare una costa prima boscosa poi mugosa, tratti ben tagliati si susseguono a tratti dove fare attenzione, un punto in particolare ci mette in difficoltà finché non capiamo di dover perdere quota per parecchi metri a ritrovare i tagli orizzontali.
Intanto arriviamo in vista della val dei Frati, in basso sull'altra costa riconosciamo la cascata da raggiungere e anche la traccia nei mughi.
Il canalone che scende dalla forcella di Collalto ci appare infido e verticale.
Ci vogliono ancora venti minuti per arrivare a toccare le ghiaie della valle, in alto ben riconoscibili la cima dei Frati, i Frati stessi che danno nome a un bel po' di cose lì in giro e il ghiaione verticale che sale alla forcella dei Frati.
Noi da qui siamo diretti verso il basso, ci risparmiamo per fortuna quella sfaticata.
Il canale si allarga e sembra facilmente discendibile, alla base delle pareti della cascata una fascia di verdi, cerchiamo di passarci per restare alti, troviamo anche tagli e vecchi segni; inutile fatica, dobbiamo comunque rientrare nel canale principale, tanto valeva percorrerlo sin dall'inizio.
Arriviamo alle ghiaie che attraversano i mughi fino alla base delle rocce, poco a destra del salto delle cascate, le risaliamo e poi attraversiamo verso sinistra alla ricerca del passaggio.
Un canale roccioso invitante ci permette di alzarci tra le paretine, un ometto intermedio ci conferma di aver preso l'imbocco corretto, ancora qualche facile saltino e finalmente si vede partire una traccia tagliata a destra tra i mughi.
La seguiamo, è facile e evidente seppur faticosa visto che si alza con una buona pendenza, finché sbuchiamo sul canale di ghiaia dove scorre il torrente che origina le cascate.
Ci alziamo fin sotto le rocce, lì dove si formano altre piccole cascatine e decidiamo di fare una piccola pausa, sono quasi le nove e mezza, tra un po' arriveremo alla parte più faticosa della traversata.
La relazione dice che da qui la vecchia traccia tra i mughi si è richiusa e consiglia di salire in prossimità delle rocce...e così facciamo.
Troviamo più di qualche traccia di camosci, ne seguiamo una ma ci immettiamo successivamente sempre in quella che sembra più conveniente al momento, finché arriviamo in un tratto di rocce dirupate.
Ci si accorge di esserci alzati troppo, scendiamo lungo una costa in direzione di una forcellina segnalata dalla relazione, che però ci porta su un pendio di dure ghiaie.
Io passo ma consiglio all'amico di provare un po' più in alto, tra le roccette.
Alcuni ometti che fanno capolino tra le varie forcelline originate da queste coste ci indicano di essere sul giusto e infatti sbuchiamo sull'unica cengia ghiaiosa che permette di passare una parete rocciosa e finalmente scendere nella val di Collalto.
Il canale si presenta molto più appoggiato di quanto appariva da distante, e seppur con una certa attenzione cominciamo a salirlo tra sfasciumi e brevi gradini di roccia.
La relazione fa riferimento ad un salto delicato di terzo verso la fine del canale, perciò restiamo perplessi quando troviamo una ostruzione più o meno a metà: un gigantesco macigno blocca il canale disponendo verso di noi una liscia paretina.
Forse negli ultimi anni il canale è franato ulteriormente, creando nuovi ostacoli.
Unico passaggio sulla destra, la parete laterale del macigno e la parete del canale formano una fessura-camino svasata verso il basso, cinque-sei metri, appigli nessuno, appoggi pochi e lisci.
Mi infilo cercando di alzarmi tra le due paretine, a sinistra nessuna possibilità, a destra qualche appoggio ma verso l'esterno, per sfruttarli non mi resta che girarmi per poter allungare i piedi e far leva con la schiena sulla parete del macigno.
Lo zaino mi ostacola, tanto più che è quello grande per fare la notte in bivacco, sarebbe meglio scendere e toglierlo ma non ne ho voglia, forzo il passaggio e riesco ad uscire.
Un bel terzo piuttosto faticoso.
Per sicurezza avevamo portato un cordino, mi sporgo dalla parete anteriore del macigno e tiro su lo zaino dell'amico per evitargli il problema di girarsi.
Poi approfitto di qualche grosso masso per assicurare il cordino in modo che possa fargli da corrimano, di fatto non lo usa, ma quando esce dal caminetto sbuffa sottolineandone la bastonata.
Riprendiamo la salita, il canale ha di nuovo le sembianze di prima, qualche saltino, le ghiaie si fanno più fini, dure e verticali, stiamo appoggiati alla parete di destra per utilizzarne gli appigli.
In alto comincia ad apparire la cima di Collalto e con essa il sole, da stamattina siamo sempre all'ombra, in salita è stata una manna.
Rimaniamo sempre in attesa dei famosi passaggi finali finché sbuchiamo inaspettatamente in forcella che si presenta ampia e comoda, ci abbiamo messo due ore dalla cascata.
Ne approfittiamo per mangiare, stavolta un bel panino, il canale ci ha consumato le energie, tra un po' arriverà la cengia.
La cima di Collalto e il relativo canalone di salita. Sulla destra la fascia di mughi che ne permette l'accesso.
Le cascate che fanno da riferimento per alzarsi sul versante sotto cima Laste.
La cima dei Frati e l'inizio del ghiaione da scendere.
La discesa della valle non presenta problemi.
Cerchiamo di restare sotto le rocce in alto, inutilmente.
Dopo aver superato la fascia di mughi, si arriva sul greto delle cascate.
La val dei Preti da cui origina l'acqua.
Il tratto sabbioso da attraversare.
È conveniente attraversare sulle rocce più in alto.
La comoda cengia che porta nel canalone.
A prima vista il canale risulta semplice.
Alle spalle cima dei Frati e Duranno.
La cima di Collalto dal canalone.
Uscita alla forcella di Collalto.
Re: [Cima dei Preti] Cengia delle Intorte
Dall'altra parte il canalone è meno ripido e più ampio, costituito da ghiaie.
Dall'alto individuiamo subito la cengia da prendere, scendiamo le ghiaie con una certa attenzione fino all'imbocco, qualche vecchio ometto ci conferma il passaggio.
L'inizio è una rampa in salita tra roccette marce e ghiaia, successivamente la cengia diviene orizzontale e ancora più larga, per poi arrivare ad un breve ma verticale passaggio di sabbia dura, con una buona esposizione.
Tra la sabbia e la parete un paio di metri più in basso c'è uno scivolo di sabbia morbida, si tratta di raggiungerlo, scendo verso l'esterno e appoggio momentaneamente un piede su un sasso incastrato tra la sabbia per poi ributtarmi verso l'interno sullo scivolo morbido da cui scendo facilmente alla base del tratto sabbioso per poi risalire dall'altra parte su roccette.
L'amico resta perplesso dalla mia manovra, non si fida del sasso e preferisce alzarsi verso la parete e scendere sulla verticale dello scivolo utilizzando le roccette poco sopra.
Superato questo tratto delicato, dopo pochi minuti arriviamo ai mughi e alla cresta da cui ci si affaccia al Cadin di Gea; ci rendiamo conto che quello appena passato è il salto dove consigliavano di utilizzare la corda...quando l'idea che ci si fa di un passaggio non corrisponde alla realtà, si fa poi fatica a riconoscerlo dalle descrizioni.
Il Cadin è una piccola meraviglia, solitario e sospeso nel tempo, spaventiamo un branco numeroso di camosci che scappano verso l'alto.
Noi invece da dove siamo sbucati scendiamo lungo la costa, verso un vecchio larice che le relazioni danno come riferimento, in mezzo al prato pendente sotto di noi.
Dall'altra parte riconosco le cime di Gea che spuntano da una forcelletta, è lì che dobbiamo andare anche se al momento non è ancora chiaro come, forse si sale direttamente il canale, chissà, tracce da qui non ne vediamo.
Scendiamo quindi al torrente in secca del Cadin, una sottile traccia riprende tra il prato e i mughi, da qui si vede chiaramente che sale sulla fascia destra del canale.
La traccia dopo essersi alzata, traversa verso i prati sopra il canale che risaliamo dritti per dritti.
Arriviamo alla forcellina, davanti a noi sempre più belle le cime di Gea, io ero arrivato su quella più a sinistra e mi sembrava che il tracciato partisse da lì.
Ora invece la prosecuzione mi sembra a destra, su per quel canale di fronte a me e infatti così è,e arriviamo alla cosiddetta Porta di Gea, dall'altra parte ci si apre il pascolo e la casera Cavallet, abbiamo terminato la cengia delle Intorte, più velocemente e più facilmente di quanto pensassimo.
In pochi minuti scendiamo alla casera, è circondata da un filo elettrico per il bestiame, si vede che è stata utilizzata dai pastori ma nonostante ciò ci fidiamo della fonte d'acqua esterna che sgorga dal terreno.
Le difficoltà maggiori sono terminate, rimane una lunga discesa che possiamo fare con una certa tranquillità e quindi ci concediamo il lusso di mangiare, bere e fare un riposino.
Nel frattempo ci raggiunge una coppia di ragazzi, non sembrano molto atletici ne esperti, chissà che giro hanno fatto per arrivare fin qui, alla casera sbagliano completamente sentiero, tornano indietro e domandano a noi, li indirizziamo dalla parte giusta, scendono a Caralte come noi.
Terminiamo il nostro riposo, facciamo i bagagli, carichiamo l'acqua perché sappiamo che non ce ne sarà altra e imbocchiamo lo stesso sentiero, una salita di una mezz'ora prima di cominciare a scendere.
Troviamo la coppia verso la fine della salita, sono tranquillamente lenti, dal canto mio dubito arriveranno a valle prima del buio, chissà se se ne rendono conto?!?!
Noi a ricordo ci mettiamo quattro-cinque ore, un tratto del sentiero è anche stato ritracciato perché la costa su cui correva è frenata, ora percorre il greto del torrente e supera il pendio più in basso.
Arriviamo al Col Svalut, rinveniamo il sentiero di discesa, presenta qualche tratto dubbio, qualche tratto inerbato, finché non si innesta in un nuovo sentiero del Cai che quindi ci conduce senza ulteriori difficoltà alla macchina.
Termina così questo giro ad anello che a posteriori posso giudicare meno impegnativo di quanto riportato, forse nel corso degli anni la frequentazione l'ha un po' ammorbidito, certo non è un sentiero Cai e bisogna superare qualche singolo tratto difficile ma nel complesso è scorrevole e intuitivo.
Ghiaione da fare in discesa fino alla cengia che con evidenza taglia la parete fino alla prima fascia di mughi.
La rampa iniziale della cengia.
Sul tratto orizzontale, alle spalle cima e forcella di Collalto.
Il tratto franato.
Sullo scivolo di ghiaia morbido.
In vista del Cadin di Gea, sulla sinistra la forcella erbosa e dietro le cime di Gea.
Camosci scappano nel vallone.
Cadin di Gea.
La forcella da raggiungere, sulla destra la traccia che risale.
L'ultimo tratto erboso prima della forcella, spunta ancora il Duranno.
Le cime di Gea.
Sulla destra il canale da risalire fino alla Porta.
Dalla Porta, casera Cavallet e i suoi ampi pascoli.
Dal sentiero verso Caralte, vista su cima Laste, il Cadin di Gea, la grande parete di cima Gea, cima di Collalto, dietro spuntano Frati o Duranno.
Dall'alto individuiamo subito la cengia da prendere, scendiamo le ghiaie con una certa attenzione fino all'imbocco, qualche vecchio ometto ci conferma il passaggio.
L'inizio è una rampa in salita tra roccette marce e ghiaia, successivamente la cengia diviene orizzontale e ancora più larga, per poi arrivare ad un breve ma verticale passaggio di sabbia dura, con una buona esposizione.
Tra la sabbia e la parete un paio di metri più in basso c'è uno scivolo di sabbia morbida, si tratta di raggiungerlo, scendo verso l'esterno e appoggio momentaneamente un piede su un sasso incastrato tra la sabbia per poi ributtarmi verso l'interno sullo scivolo morbido da cui scendo facilmente alla base del tratto sabbioso per poi risalire dall'altra parte su roccette.
L'amico resta perplesso dalla mia manovra, non si fida del sasso e preferisce alzarsi verso la parete e scendere sulla verticale dello scivolo utilizzando le roccette poco sopra.
Superato questo tratto delicato, dopo pochi minuti arriviamo ai mughi e alla cresta da cui ci si affaccia al Cadin di Gea; ci rendiamo conto che quello appena passato è il salto dove consigliavano di utilizzare la corda...quando l'idea che ci si fa di un passaggio non corrisponde alla realtà, si fa poi fatica a riconoscerlo dalle descrizioni.
Il Cadin è una piccola meraviglia, solitario e sospeso nel tempo, spaventiamo un branco numeroso di camosci che scappano verso l'alto.
Noi invece da dove siamo sbucati scendiamo lungo la costa, verso un vecchio larice che le relazioni danno come riferimento, in mezzo al prato pendente sotto di noi.
Dall'altra parte riconosco le cime di Gea che spuntano da una forcelletta, è lì che dobbiamo andare anche se al momento non è ancora chiaro come, forse si sale direttamente il canale, chissà, tracce da qui non ne vediamo.
Scendiamo quindi al torrente in secca del Cadin, una sottile traccia riprende tra il prato e i mughi, da qui si vede chiaramente che sale sulla fascia destra del canale.
La traccia dopo essersi alzata, traversa verso i prati sopra il canale che risaliamo dritti per dritti.
Arriviamo alla forcellina, davanti a noi sempre più belle le cime di Gea, io ero arrivato su quella più a sinistra e mi sembrava che il tracciato partisse da lì.
Ora invece la prosecuzione mi sembra a destra, su per quel canale di fronte a me e infatti così è,e arriviamo alla cosiddetta Porta di Gea, dall'altra parte ci si apre il pascolo e la casera Cavallet, abbiamo terminato la cengia delle Intorte, più velocemente e più facilmente di quanto pensassimo.
In pochi minuti scendiamo alla casera, è circondata da un filo elettrico per il bestiame, si vede che è stata utilizzata dai pastori ma nonostante ciò ci fidiamo della fonte d'acqua esterna che sgorga dal terreno.
Le difficoltà maggiori sono terminate, rimane una lunga discesa che possiamo fare con una certa tranquillità e quindi ci concediamo il lusso di mangiare, bere e fare un riposino.
Nel frattempo ci raggiunge una coppia di ragazzi, non sembrano molto atletici ne esperti, chissà che giro hanno fatto per arrivare fin qui, alla casera sbagliano completamente sentiero, tornano indietro e domandano a noi, li indirizziamo dalla parte giusta, scendono a Caralte come noi.
Terminiamo il nostro riposo, facciamo i bagagli, carichiamo l'acqua perché sappiamo che non ce ne sarà altra e imbocchiamo lo stesso sentiero, una salita di una mezz'ora prima di cominciare a scendere.
Troviamo la coppia verso la fine della salita, sono tranquillamente lenti, dal canto mio dubito arriveranno a valle prima del buio, chissà se se ne rendono conto?!?!
Noi a ricordo ci mettiamo quattro-cinque ore, un tratto del sentiero è anche stato ritracciato perché la costa su cui correva è frenata, ora percorre il greto del torrente e supera il pendio più in basso.
Arriviamo al Col Svalut, rinveniamo il sentiero di discesa, presenta qualche tratto dubbio, qualche tratto inerbato, finché non si innesta in un nuovo sentiero del Cai che quindi ci conduce senza ulteriori difficoltà alla macchina.
Termina così questo giro ad anello che a posteriori posso giudicare meno impegnativo di quanto riportato, forse nel corso degli anni la frequentazione l'ha un po' ammorbidito, certo non è un sentiero Cai e bisogna superare qualche singolo tratto difficile ma nel complesso è scorrevole e intuitivo.
Ghiaione da fare in discesa fino alla cengia che con evidenza taglia la parete fino alla prima fascia di mughi.
La rampa iniziale della cengia.
Sul tratto orizzontale, alle spalle cima e forcella di Collalto.
Il tratto franato.
Sullo scivolo di ghiaia morbido.
In vista del Cadin di Gea, sulla sinistra la forcella erbosa e dietro le cime di Gea.
Camosci scappano nel vallone.
Cadin di Gea.
La forcella da raggiungere, sulla destra la traccia che risale.
L'ultimo tratto erboso prima della forcella, spunta ancora il Duranno.
Le cime di Gea.
Sulla destra il canale da risalire fino alla Porta.
Dalla Porta, casera Cavallet e i suoi ampi pascoli.
Dal sentiero verso Caralte, vista su cima Laste, il Cadin di Gea, la grande parete di cima Gea, cima di Collalto, dietro spuntano Frati o Duranno.