[Monti del Sole] Innominata
Premessa: non ci sarà relazione né foto né cartina e non ci saranno nomi, questo sarà solo il racconto dell'ultima uscita con l'aggiunta di qualche pensiero sparso.
Spero non annoi perché non scriverò di mirabolanti avventure ma solo di una poco attraente salita e io non son certo uno scrittore.
Non ha senso indicare questo cumulo di mughi su cui quasi nessuno va, e una relazione e un po' di foto direbbero ben poco di quello che ho vissuto.
Perché già i Monti del Sole son poco conosciuti, figuriamoci una cimetta buttata lì, una di quelle poco nominate anche tra i frequentatori del gruppo, e mi sembrerebbe di togliere qualcosa a quest'ultimi, la possibilità, che per adesso ancora esiste, di andare in un posto così, difficile ma non impossibile, senza pretese, solitario, autentico, se questa parola ha un significato in montagna.
Parto da lontano, con pensieri fini a se stessi ma che mi sembrano la giusta premessa per questa uscita.
Anni fa in un paesino della Val Belluna, al termine di una serata di montagna, mi avvicinai al bancone per bere una birra.
Tra i primi ad uscire dal desolato tendone, un uomo non più giovane d'età si era diretto rapidamente dietro il banco pronto a servire i pochi ma probabili clienti.
Non ricordo se ebbi il tempo di ordinare la mia birra ma ricordo che guardandomi dritto negli occhi mi disse: l'unica maniera vera di andare in montagna è da soli.
Perché lo diceva a me, uno sconosciuto?
Fui d'accordo con lui, non servivano spiegazioni ne discorsi approfonditi, ci si era capiti al volo, nel profondo, nessuna distinzione, contava l'idea.
Fin dall'adolescenza mi è capitato di andare in montagna da solo, dalla maggiore età anche su percorsi un po' più impegnativi e negli ultimi vent'anni anche con il consapevole piacere dell'incertezza di essere da solo.
Quella frase aveva esplicitato un'idea che oramai apparteneva e appartiene al mio modo di andare in montagna.
Forse non è neanche vera, ognuno va in montagna come vuole, dire che è solo uno il modo di viverla è peccare di presunzione.
Eppure chi la pratica sa che c'è un fondo di verità, essere da soli in montagna è perlomeno uno dei modi più puri di viverla, viene meno il sostegno degli altri, in quel momento esisti solo tu e l'ambiente in cui ti trovi, è come se un filtro venisse tolto, tutto è più chiaro e in qualche modo più semplice.
Il piacere è soprattutto dopo certe uscite, non è necessario aver fatto chissà che, va bene un percorso vagheggiato nel tempo, uno di quelli che si sa di essere in grado di fare ma che per un motivo o l'altro è lì nel cassetto da tempo, perché farlo non è un sassolino da togliersi dalla scarpa, non è tirare un sospiro di sollievo ma la soddisfazione di aver chiuso una piccola parentesi aperta anni prima.
Ecco, ho voglia di fissare il ricordo sulla carta, virtuale mi sembra già troppo, perché in fondo l'uscita è stata banale.
Una uscita che inizia nel più classico dei modi, almeno per me: tardi!
Lo scoglio più grande degli ultimi anni è mettersi in macchina, se devo guidare io, il pensiero della strada mi rende svogliato già di prima mattina; presto tocca star attenti agli autovelox, poco più tardi e si è in coda al traffico.
E quindi, già in ritardo, per strada mi faccio venire i dubbi su questa idea, vorrei avere più margine, non so quanto tempo serva, non ho neanche riletto la relazione, ormai son stanco anche di quelle.
Che bel guazzabuglio di cose da non fare ho messo assieme, almeno secondo il decalogo Cai, o il decalogo delle guide, o il decalogo del soccorso alpino, o il decalogo di tutti quelli che parlano di sicurezza in montagna, anche senza esserci mai stati.
Ma a me è il modo che piace di più, decidere al momento, in autonomia, non penso siano quelle regole preconfezionate a garantire la mia sicurezza ma la testa e l'esperienza.
Così mi ritrovo alle dieci e mezza al parcheggio, c'è pure qualche altra macchina, pensavo di essere solo, chissà gli altri dove sono andati, dubito di trovare qualcuno sulla mia cima.
In verità l'ansia principale di questo giro è un cagnaccio che abita lì vicino, non tanto all'andata quanto al ritorno che magari sarà col buio, l'idea che potrebbe sfuggire al controllo dei padroni è un sibilo sottile che guasta la pace interiore di questo giro.
Ma ecco la sorpresa, il cane non c'è più, la casa è ormai disabitata, mi dispiace per loro ma mi sento sollevato e tranquillo, ora veramente ci sono solo io e la montagna.
Il primo pezzo è facile, su sentiero ben tracciato, mi immergo nei miei pensieri, solo dopo un po' vengo disturbato da quei rumori di auto e moto ma ormai è tardi, mi sto allontanando da quel cicaleccio che quando scendiamo dall'auto vorremmo sparisse.
Ma i pensieri mi distraggono anche dalla traccia che dovrei prendere, vado troppo avanti, me ne accorgo ma proseguo, mi ritrovo a pensare di aver fatto lo stesso errore della volta precedente ma come un detenuto dell'inferno di Dante mi sembra di dover ripeterli gli errori e arrivo così poco più avanti, al torrente.
Torno indietro, vedo alcune tracce, mi sembrano poco battute, un dubbio ce l'ho, ma proseguo e infatti eccola qua, non l'avevo vista perché partiva in senso contrario rispetto al mio di provenienza.
La seguo e ed ecco quel piccolo schianto, ricordo che potrei tagliare in su e invece ancora una volta 'ripeto gli errori', proseguo dritto e faccio il tornante per ritrovarmi poco più sopra.
Il sentiero addirittura sembra migliorare man mano che salgo, in prossimità di un torrente temporaneo, ieri ha piovuto, vedo una bella cascata, l'altra volta non c'era, la roccia è un po' bagnata, dovrò fare attenzione, specie su un passaggetto verticale.
Un covolo, tracce di vecchi focolari, ben piantato a terra un paletto con la testa rossa, un segnale che delimita una proprietà boschiva? Ci verrà qualcuno in questi posti a tagliare la legna?
Parte la serpentina, una vecchia mulattiera che ogni tanto nel bosco si perde, una lunga serie di tornanti per arrivare ad una forcelletta.
Qualcuno ha posato sopra dei massi i macabri resti di un cervo, qualche vecchio osso che ora fa da ometto segnavia, ma di ometti normali ce ne sono e di quest'anno, c'è chi viene da queste parti, anche le zone sconosciute hanno i propri amanti periodici.
Il caldo si fa sentire, è il problema di partir tardi, in particolare se la quota è bassa, pensavo di metterci qualcosina meno ad arrivare in forcella ed è con un certo sollievo che arrivo alla prima meta.
Mi sposto lungo il bosco a sinistra, la traccia e gli ometti scompaiono, vado a naso e ricordi, non ho neppure voglia di leggermi la relazione, so che più o meno devo passare per di là, al limite di quel bordo di mughi che nasconde un precipizio, il problema è trovare il punto esatto.
Mi viene il dubbio sia più in basso ma mi dico di no, l'altra volta mi sembrava svoltasse verso l'alto.
Su dritto per dritto, un po' immugato, se la traccia che ho perso partiva prima della forcella dovrei trovarla più sopra.
Mi stanco di questa lotta impari, troppa fatica, mi separo dai mughi e mi risposto verso il bosco, finalmente trovo un taglio su un ramo, la traccia che interseco è orizzontale, dovrò andare a destra o sinistra?
Secondo la mia idea dovrei andare a destra, perciò vado a sinistra, voglio capire dove ho sbagliato circa, un ometto in basso mi conferma dove la traccia scende.
Perciò dietrofront, torno al taglio di prima, qualche leggero dubbio sull'esatta direzione della traccia, la principale sembra puntare decisamente verso l'alto.
Altri tagli, rientro nei mughi ed ecco ritrovato anche il ricordo dell'altra volta, quell'uscita decisa in su dal boschetto verso i mughi.
Poi la traccia spiana spostandosi sul bordo del precipizio, non si vede il fondo ma la successiva forcella è poco più avanti, si deve perfino scendere per raggiungerla.
Dalla forcella mi sporgo sul canale, a lato la bella parete di roccia sopra cui corre la traccia appena percorsa, infatti mi sembrava bella esposta, che magnifico passaggio naturale obbligato.
È ora di mangiare il panino, mezzogiorno e mezzo, mi trovo un comodo posticino in mezzo a quel bosco di faggi che caratterizza la forcella.
Poco più in basso una grande piazzola, dopo mangiato scendo in esplorazione, ho bisogno di scaldarmi, a star fermo un venticello mi ha raffreddato.
Ammiro l'opera, un modesto muretto ne costituisce la base, modesto per modo di dire, dove cavolo sono venuti a costruire un muretto per tirar giù quattro piante di faggio...è proprio vero che i Monti del Sole non sono selvaggi, li addolcisce una fitta ragnatela di vecchie opere dell'uomo.
Dalla forcella partono due tracce, una decisa verso l'alto, una verso sinistra molto meno ripida, quasi orizzontale, ho il dubbio su quale prendere, devo leggere la relazione.
Dice di salire, io però lascio fare all'istinto e alla curiosità, prendo quella di sinistra e infatti dopo poco i vaghi ricordi mi confortano, so di essere sulla traccia giusta, quella di destra forse era di animali.
Arrivo su dei prati verticali, qui la traccia sembra dirigersi verso l'alto, da qui infatti si raggiunge un'altra cimetta, quella che ho già fatto.
Un paio di simil-ometti in po' più in basso confermano invece la direzione per l'altra cima, proseguire stando in quota.
Mi porto su un esposto pendio di roccette miste loppa, niente più ometti e anzi le tracce si moltiplicano, gli animali non seguono relazioni, corrono sia sopra che sotto, secondo la loro convenienza.
Cerco di tenermi più o meno in quota, giro un angolo, si apre la vista su un pendio più dolce, mi abbasso a cercare il passaggio.
Ogni tanto faccio qualche ometto, di quelli miei, uso piccoli sassolini, non so se sono sulla traccia corretta, non ne faccio di grandi perché potrei portare fuori strada qualcun'altro, mi servono nel caso dovessi tornare indietro, perché quando si percorrono le tracce al contrario si fa presto a sbagliare e trovarsi in posti poco simpatici, quei piccoli sassolini sono per me le briciole delle favole.
Dall'altra parte il pendio prativo è delimitato da un ciglio con mughi, sul bordo ogni tanto qualche schiarita, la relazione mette in guardia, più in là una discesa ripida e pericolosa.
Ometti, tracce e tagli sui rami non ce ne sono, decido di alzarmi leggermente seguendo le tracce degli animali dove mi sembrano più marcate.
Arrivo sul ciglio, una parete praticamente verticale, mi sembra impossibile scendere.
Poi il vantaggio di essere da soli, non c'è un'altra persona a cui pensare, non è importante se io passo e lui no, se l'altro è ancora in forze o ha ancora voglia oppure è già soddisfatto così, posso permettermi di esplorare e decidere se me la sento.
E poi visto che il percorso è relazionato, saranno già passate persone, dovrebbero esserci dei tagli sui mughi.
Verso l'alto la parete diventa più rocciosa e verticale, alpinistica, forse in basso c'è il classico passaggio nascosto.
Torno un po' indietro, scendo verso il basso a cercare qualche traccia più evidente di animale, proseguo di d'uovo verso il ciglio, ancora baratro.
Una, due, tre volte, esploro sempre più in basso sempre con lo stesso esito, non trovo il passaggio.
D'altra parte la relazione non dice di scendere quindi se fa dove sono arrivato non è sbagliato, il passaggio deve essere più o meno a questa quota.
Torno su, alla schiarita dove mi ero diretto la prima volta, la parete è solcata da radi mughi, in mezzo si intravede qualche traccia di camoscio, a destra sembrano perdersi sulla roccia.
In basso sulla sinistra sembra essercene una un po' più battuta, scendo lungo il ciglio e trovo un punto da dove posso raggiungere quella traccia, per precauzione faccio un ometto, un pelo più grande stavolta.
In verità tagli non ce ne sono, nulla indica che il percorso passi di lì.
Quella specie di traccia si ferma quasi subito ma più sotto ne vedo altre, piccole e leggere fasce di mughi le definiscono, si tratta di passare da una all'altra approfittando dei rami di mughi come corde lì dove i salti sono meno difficili. La base della parete è un canale ascendente che poi secondo la relazione sarà il viatico per la mia cima, spostandomi verso destra di mugo in mugo lo raggiungo, sarà un'impresa ricordarsi al ritorno i giusti passaggi, confido di riuscire a mantenere perlomeno la stessa direzione.
Risalgo il canale, la roccia in alcuni punti è bagnata, non è troppo difficile ma mi costringe a stare dove è asciutta, sul verticale.
Arrivo al termine del canale, una forcella tra le due cime invasa dai mughi; cercando la vista dall'altra parte, trovo un paio di rami tagliati: sapevo di essere nel posto giusto, non c'erano altre possibilità, ma quell'inutile taglio è comunque rasserenante considerata la completa mancanza di segni dell'ultimo tratto.
Ora si tratta di risalire il costone dall'altra parte, mi aspettavo un pendio di loppa e mughi, mi trovo di fronte un'altra parete di mughi, questa volta parecchio folta.
Approfitto di qualche limitata schiarita per alzarmi in mezzo a loro, mi sposto verso sinistra, verso una specie di forcelletta, una via di salita più 'normale' dovrebbe arrivare da quella parte per poi dirigersi verso la cima, forse lì è un punto d'arrivo, d'altra parte non ho altri riferimenti in questo mare di mughi.
Peccato che avvicinandomi mi accorgo esserci un canale di roccia verticale che mi separa dall'obiettivo e nel frattempo proprio di fronte a me ecco una bella vipera.
Non si muove neppure, forse stupefatta quanto me di vedere un essere vivente in quel posto, probabilmente non ha mai visto un uomo prima d'ora.
Faccio a tempo a tirar fuori il telefono e fargli una foto, poi si gira e comincia a nascondersi tra l'erba, prendo un bastoncino e la lancio velocemente, è proprio dove devo passare, non vorrei pestarla o scivolarci sopra per errore, ma va a finire un metro più in là, tra le fronde dei mughi che ci circondano, comunque abbastanza distante.
Continuo la mia scalata verticale, ora ogni ramo che si muove mi sembra una vipera ma la precarietà della situazione non mi lascia il tempo di preoccuparmi, mancano ancora centocinquanta metri di dislivello alla cima e se sono tutti così sarà da morire.
Dopo una cinquantina di metri una paretina di roccia blocca il passaggio, ne approfitto per fare un ometto, mi servirà per ricordarmi il punto di discesa.
Proseguo a sinistra lungo la base della paretina, dove il percorso è facile, pochi metri e un ometto, evviva sono sul percorso giusto.
Proseguo e arrivo su uno spigolo mugoso, lo doppio e vedo che si può continuare comodamente sempre seguendo la base, riconosco di essere in qualche maniera in direzione di quella normale citata prima.
E infatti poco dopo un bivio, dritti si può proseguire orizzontalmente, a destra qualche taglio sale verso la cima.
Salgo, la direzione è chiara, qualche taglio, qualche ampia schiarita ma si è sempre circondati dai mughi, dietro ogni collinetta di mughi una nuova collinetta e una nuova cima, metto giù qualche sassolino, si fa presto a non ritrovare la strada al ritorno.
Arrivo in prossimità di quella che dovrebbe essere la cima, una schiarita con un taglio sembra essere il preludio ad una cima mugosa, lascio lo zaino e vado alla conquista degli ultimi metri.
E in verità ne percorro almeno venti o trenta perché i mughi nascondono altre schiarite e alla fine in cima c'è anche un piccolo spiazzo e un modesto ometto da cui spunta un barattolo.
Poche firme all'interno, dal 2005 sei visite, dodici persone, salvo chi non ha firmato ma non saranno tanti di più.
Torno indietro verso lo zaino, ho fatto male a lasciarlo lì, la cima mi sembra un bel posto dove fare pausa , peccato non riesca a trovarlo.
Che beffa, dove si sarà cacciato.
Scendo, faccio il giro, torno verso l'alto, mi sembra di riconoscere i passaggi di prima e alla fine eccolo lì, praticamente ci giravo intorno.
In cima mangio qualcosa, mi godo il paesaggio, qualche posto dove sono già stato, qualcun'altro che mi manca, soprattutto guardo qualche passaggio di cui ho letto, tanto per avere un'idea di massima se un giorno dovessi andarci.
C'è un po' troppo da guardare per un frequentatore di questi posti come me e il tempo è poco, bisogna tornare giù, mi dimentico perfino di aver portato il binocolo.
Decido di tornare per la normale, l'inizio della traccia l'ho vista, se non riesco a seguirla posso sempre tornare indietro.
Scendo quindi al bivio di prima non certo senza difficoltà vista la difficoltà di orientamento tra quei mughi che sembrano tutti uguali, avrò fatto un otto prima di trovare uno dei miei ometti e poco dopo un taglio.
Al bivio la traccia scorre orizzontale, la relazione indica di non perderla e non è facile, ancora una volta i camosci ne segnano più di una, io cerco di seguire quella più marcata che per fortuna mi porta in vista della forcella da raggiungere e su cui sono già stato.
Ora però viene il bello, la relazione segnala salti e io non ho portato neanche uno spezzone di corda, sono costretto ad approfittare dei mughi e zigzagare in cerca dei passaggi più facili, non sapendo se in verità portino verso salti difficili. Sarebbe bastata una corda per puntare direttamente verso l'obiettivo.
Con un po' di fortuna evito troppe risalite tra rocce e mughi, e mi ritrovo in forcella, il più è fatto, il resto della discesa mi è noto seppur non ricordi bene tutto.
La relazione è abbastanza vaga e quel poco che scrive non totalmente corretto, seguo quindi i vaghi ricordi, scendo lungo il canale spostando mi ogni tanto ai lati in cerca di passaggi più facili.
So che dovrei abbandonarlo ad un certo punto ma non ricordo quale, scendo ancora qualche saltino poi un ometto, sono ancora sul giusto, mi sembra di riconoscere il posto, qui è dove si lascia il canale, si attraversare una placca di roccia per poi risalire una costina di erba e mughi. Finalmente il bosco, la traccia non è granché, c'è perfino un ometto troppo in basso secondo me, e poi ne trovo uno mio di anni prima, lo riconosco perché fatto da piccoli sassetti, provvisorio eppure è ancora qui. Sorrido.
Arrivo ad un torrentello, il posto è bello e agevola una pausa, risalgo la roccia in vista di una cascatina, ricarico le bottiglie di acqua fresca e mangio qualcosa, ora manca l'ultimo pezzo di discesa, non banale, qualche parte attrezzata è indispensabile per passare, spero non sia danneggiata, in parte lo era già l'ultima volta che c'ero passato.
Per fortuna va tutto liscio, le parti essenziali sono integre o comunque funzionali, arrivo sul sentiero principale e da lì alla macchina, sono le sette.
Ero partito otto ore prima con l'idea di arrivare si e no in cima, ho invece completato un giro pensato anni prima, la soddisfazione mi rasserena.
Mi cambio, una bella zecca fa mostra di se su una sportina nel bagagliaio, deve essere appena caduta dallo zaino.
Spruzzo un po' di insetticida, non ne ho viste tante, pensavo molte di più vista la quota e la stagione, animaletti sorprendenti, non sai mai cosa aspettarti...e infatti ne troverò una attaccata sulla spalla il giorno dopo.
Non so quanto possa essere interessante questa descrizione per chi a differenza mia non l'ha vissuta, immagino sia perlomeno pesante, ma spero che qualcuno si riconosca in qualche momento passato in montagna, la solitudine, i pensieri, le decisioni...la parte importante da condividere, 'quell'unica maniera vera di andare in montagna da soli'.
[Monti del Sole] Innominata
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Re: [Monti del Sole] Innominata
Piacevole lettura Giangi mi ritrovo con le tue considerazioni finali. Negli ultimi anni, per situazioni contingenti, ho accentuato la frequenza delle uscite in solitaria, soprattutto su itinerari per me impegnativi (relativamente alle mie modeste capacità) e le sensazioni provate (e ri-sedimentate poi, lungo il filo dei ricordi) sono, effettivamente, uniche.
Re: [Monti del Sole] Innominata
Sarà per l'età che avanza ma è qualche anno che a fine stagione faccio un rapido bilancio delle uscite mettendo in cima quelle che hanno dato significato alla stagione stessa.
Devo dire che in testa ci sono quasi sempre quelle in solitaria, molto poco quelle in compagnia. C'è anche da dire che da solo mi sento molto più libero di 'rischiare' e quelle impegnative tendo a tenerle per me solo e al limite ripeterle in compagnia gli anni successivi.
Questo racconto alla fine nasce da questa soddisfazione, sentire di aver iniziato bene la stagione con una uscita speciale.
Devo dire che in testa ci sono quasi sempre quelle in solitaria, molto poco quelle in compagnia. C'è anche da dire che da solo mi sento molto più libero di 'rischiare' e quelle impegnative tendo a tenerle per me solo e al limite ripeterle in compagnia gli anni successivi.
Questo racconto alla fine nasce da questa soddisfazione, sentire di aver iniziato bene la stagione con una uscita speciale.